LA COMPLEMENTARIETA’ TRA FONDI STRUTTURALI, FONDI NAZIONALI PER LA COESIONE E PNRR* *a cura degli avv.ti Massimo Petrucci, Pietro Condorelli, Angela d’Alonzo, Alessandra Indovina e Caterina Malara ABSTRACT La complementarità tra Fondi strutturali, Fondi nazionali per la coesione e PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) sta diventando sempre più evidente, ma un’analisi completa che li confronti in modo integrato è ancora carente, anche a causa della recente convergenza tra questi strumenti. Attraverso una disamina attenta delle peculiarità genetiche ed attuative dei diversi strumenti, è possibile evidenziare come la contaminazione tra modelli di gestione, attuazione e governance sia non solo auspicabile, ma addirittura necessaria per rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale dell’Unione, riducendo il divario tra le regioni. Nonostante le iniziali enormi differenze tra i vari meccanismi di finanziamento post 2020, a seguito di un’intensa produzione normativa sia a livello comunitario che nazionale, appare chiaro che l'integrazione tra Fondi strutturali, PNRR e Fondo Sviluppo e Coesione (FSC) rappresenti il percorso ideale per un’Unione Europea realmente coesa, con obiettivi comuni di sviluppo e convergenza economica e sociale. 1. Premessa Sono parecchi gli approfondimenti ad oggi effettuati – e rinvenibili – che riguardano confronti e comparazioni tra Fondi strutturali e PNRR e tra Fondi strutturali (l’acronimo Fondi SIE usato nel Reg. n. 1303/2013, riguardante la Programmazione 2014-2020, è scomparso nel Reg. 1060/2021) e Fondo Sviluppo e Coesione (anche FSC), ma un’analisi generale che metta a confronto in un unico ragionamento PNRR, Fondi strutturali e FSC non risulta ancora elaborata, verosimilmente anche in ragione della recente maggior convergenza tra essi e del ridotto lasso di tempo trascorso dall’adozione del D.L. 7 maggio 2024, n. 60, recentemente convertito con L. 4 luglio 2024, n. 95 (G.U. 06/07/2024, n. 157), relativo ad “Ulteriori disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione”. Appare utile, pertanto, provare a mettere insieme tali ambiti di intervento programmatorio cercando di dare evidenza della sempre crescente complementarietà tra gli stessi, iniziando la disamina dai Fondi strutturali – quelli più risalenti nel tempo. 2. I Fondi strutturali quali strumento della Politica di sviluppo regionale Come è noto, l'Unione Europea, attraverso la politica di sviluppo regionale e l’utilizzo dei Fondi strutturali, mira a raggiungere la coesione economica, sociale e territoriale riducendo le disparità fra le diverse regioni degli Stati membri. Per il raggiungimento di tali obiettivi sulla base di accordi stipulati con i singoli Stati membri (Accordi di partenariato) e, secondo regole condivise, assegna, in un arco temporale di sette anni (ciclo di Programmazione), specifiche risorse finanziarie a cui si aggiungono quelle nazionali messe a disposizione dai medesimi Stati [1]. Il funzionamento di tali Fondi è disciplinato da Regolamenti dell’Unione Europea. Con riferimento al periodo di programmazione 2021-2027 l'Accordo di partenariato tra l'UE e l'Italia, approvato nel luglio 2022, reca l'impianto strategico e la selezione degli obiettivi di policy su cui si concentrano gli interventi finanziati dai Fondi europei per la coesione per tale periodo di programmazione. Ai contributi europei si aggiungono le risorse derivanti dal cofinanziamento nazionale. Il Regolamento (UE) 2021/1060 disciplina le regole comuni per l’utilizzo dei fondi dell'UE, a gestione concorrente, per il periodo 2021-2027 ed, in particolare, i seguenti elementi: - la definizione di un quadro strategico comune per otto fondi: Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR); Fondo di coesione (FC); Fondo sociale europeo Plus (FSE+); Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l'acquacoltura (EMFAF); Fondo per una transizione giusta (JTF); Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione (AMIF); Strumento per la gestione delle frontiere e i visti; e Fondo per la sicurezza interna. Resta escluso il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) che unitamente al Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA), trova copertura in un apposito Regolamento sull'attuazione dei Piani strategici della Politica Agricola Comune (PAC); - la concentrazione dell'intervento dei fondi su un ristretto numero di obiettivi tematici comuni, individuati dal sopra citato Regolamento Reg. UE 2021/1060, per un'Europa 1) più intelligente; 2) più verde; 3) più connessa; 4) più sociale; 5) più vicina ai cittadini; - particolare attenzione ai principi dello sviluppo sostenibile e del miglioramento della qualità ambientale, specificando, in un articolo dedicato, il meccanismo di adeguamento in materia di clima, ai fini del raggiungimento degli obiettivi climatici sui quali il bilancio dell'Unione interviene in termini di contributo percentuale sulla dotazione complessiva; - l'espresso richiamo al principio di “non arrecare danni significativi” all'ambiente (DNSH); - la semplificazione e la riduzione degli oneri amministrativi a carico degli organismi di gestione (riduzione delle verifiche di gestione, "principio di audit unico", ecc.) rispetto al 2014-2020, mantenendo un adeguato livello di garanzia di legittimità e regolarità delle operazioni e delle spese. Rispetto a quest’ultimo punto, una delle misure di semplificazione di maggior rilievo, finalizzata a ridurre costi e oneri amministrativi è il rafforzamento delle "opzioni di costo semplificato", che, collegando la performance realizzativa al trasferimento finanziario delle risorse, consentono di unire alla semplificazione procedurale una riscontrabilità della performance attuativa in termini di risultato e prodotti da realizzare. Tale strumento - già attivato a partire dal ciclo di Programmazione 2007-2013, ma reso effettivo con la revisione operata dal Regolamento (Ue, Euratom) 2018/1046, consiste in una modalità di rendicontazione che può non tener direttamente conto dei costi effettivi sottostanti e che consente di calcolare i progetti in base a metodi predefiniti basati sugli output o sui risultati[2]. 3. Il Dispositivo per la ripresa e la resilienza come risposta alla crisi pandemica Nel 2021, dopo ben 46 anni (rispetto al 1975) dalla creazione del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR[3]) è apparso, nel panorama dell’eurozona, uno strumento europeo volto a sostenere, attraverso investimenti, gli Stati membri a seguito delle perdite dovute dalla crisi sanitaria[4]. Si tratta dello strumento di ripresa e rilancio economico introdotto dall’Unione europea che è stato adottato per il superamento della crisi determinata dalla pandemia da SARS – COV2 comparsa a fine 2019, con grandi ambizioni di innovatività (differenziandosi radicalmente dai Fondi strutturali) rispetto al mondo della coesione e degli altri fondi dell’Unione Europea. L'Unione europea ha approntato, nel quadro del Next Generation EU, il Dispositivo per la ripresa e la resilienza (Recovery and Resilience Facility – RRF), un nuovo strumento finanziario per supportare la ripresa negli Stati membri. La Recovery and Resilience Facility, il cui funzionamento è disciplinato dal Regolamento n. 2021/241/UE, ha una dotazione iniziale massima di 723,8 miliardi di euro, di cui 338 miliardi di grants (sovvenzioni) e 385 miliardi di loans (prestiti). Con le modifiche introdotte con il Regolamento (UE) 2023/435 (REPowerEU) sono state messe a disposizione degli Stati membri ulteriori sovvenzioni (18,9 miliardi) nell'ambito del sistema di scambio di quote di emissioni (ETS) e della riserva di adeguamento alla Brexit. Il Piano dell'Italia (PNRR) è stato approvato il 13 luglio 2021 (un anno prima dell’Accordo di partenariato 2021-2027) con Decisione di esecuzione del Consiglio, che ha recepito la proposta di decisione della Commissione europea. La Decisione è accompagnata da un Allegato con cui vengono definiti, in relazione a ciascun investimento e riforma, precisi obiettivi e traguardi, il cui conseguimento costituisce la condizione alla quale è subordinata l'erogazione delle risorse nelle 10 rate previste. La realizzazione dei traguardi e degli obiettivi, cui è finalizzato ciascuno degli interventi del PNRR, è cadenzata temporalmente su base semestrale, a partire dal secondo semestre 2021 e fino al 30 giugno 2026, data ad oggi fissata per il completamento di tutti i traguardi e obiettivi concordati con Bruxelles. 4. La convergenza tra gli strumenti, malgrado le peculiarità di ciascuno Il 2021 è stato determinate nell’ottica dell’integrazione tra i vari strumenti: infatti, nello stesso anno in cui è stato avviato il PNRR si avviava la Programmazione 2021-2027, proprio mentre, come accade in ogni ciclo di programmazione, la gestione degli interventi della Programmazione 2014-2020 stava registrando un’imponente accelerazione, determinata dal tentativo di superamento dei bassi indici di impegno e di spesa dei Programmi nazionali e regionali (PON e POR). La circostanza che il PNRR fosse uno strumento a gestione diretta (a differenza della gestione concorrente dei Fondi strutturali), e la sua eccezionalità in termini di tempistiche, processi (performace based), valore finanziario, governance mal si conciliava con la continuità e coesistenza con gli strumenti precedenti (legati al ciclo programmatorio 2014-2020). Le novità che portava con sé il PNRR hanno attratto non solo operatori e tecnici competenti di fondi strutturali ma anche molti professionisti che fino a tale data non avevano operato nel settore dei fondi comunitari, in virtù della imponente diffusione mediatica e, per le regioni del Centro-Nord Italia, della sua maggior consistenza in termini finanziari rispetto al passato. Ed infatti, come già sopra segnalato, l’avvio del PNRR (Regolamento (UE) 2021/241), pur essendo coevo alla regolamentazione europea relativa alla Politica di Coesione 2021-2027 (Regolamenti (UE) 2021/1056; 2021/1057; 2021/1058; 2021/1059 e soprattutto 2021/1060 – disposizioni comuni) si è confrontato con l’attuazione delle politiche di coesione relative al periodo 2014-2020 organizzate in virtù dell’Accordo di partenariato per l’impiego dei fondi strutturali e di investimento europei risalente al 2014 e disciplinate dal Regolamento (UE) n. 1303/2013 recante disposizioni comuni sui fondi 2014-2020. Se può affermarsi una certa complementarità, ab origine, tra Fondi strutturali 2021-2027 e PNRR, la distanza tra PNRR e fondi SIE 2014-2020, che era tangibile nel 2021, si è ridotta negli anni successivi; e infatti, se è vero che l’impianto normativo e attuativo del periodo 2014-2020 era certamente obsoleto rispetto agli intendimenti di Next Generation EU del 2020, può affermarsi però che negli anni, le stesse disposizioni relative al 2014-2020 avevano subìto rilevanti adattamenti: il Regolamento (UE) n. 1303/2013 è stato modificato dal regolamento (UE, Euratom) 2018/1046, dal regolamento di modifica (UE) 2020/460, adottato in seguito all’epidemia di COVID-19, e dal regolamento di modifica (UE) 2020/558, che contiene misure volte a fornire flessibilità eccezionale nell’impiego dei fondi strutturali e di investimento europei (fondi SIE) nonché dal Regolamento (UE) 2020/2221 del 23 dicembre 2020 (REACT-EU), le cui attività ammissibili a decorrere dal 1° febbraio 2020 fino alla fine del 2023 non hanno richiesto il cofinanziamento nazionale, consentendo all’Unione di fornire il 100 % del sostegno. Rispetto alla convergenza tra strumenti, REACT-EU, come è noto, è anche una delle più importanti iniziative nell’ambito di NextGenerationEU (al pari del PNRR). Il finanziamento si è aggiunto ai Programmi 2014-2020 e al Fondo di coesione 2021-2027, puntando a colmare il divario tra la risposta di emergenza immediata alla pandemia di COVID-19 e la ripresa economica e sociale a lungo termine dell’Unione. Il PNRR ha visto ulteriormente ampliato il proprio perimetro di intervento, attraverso un ulteriore strumento, nato per sopperire alle difficoltà di approvvigionamento energetico dettate dal conflitto bellico russo ucraino, il REPowerEU nel 2023, di cui al Regolamento (UE) 2023/435 che modifica contestualmente sia il Regolamento (UE) 2021/241, sia i Regolamenti (UE) n. 1303/2013, (UE) 2021/1060 e (UE) 2021/1755, con i quali è stato consentito agli Stati membri di inserire nei rispettivi Programmi, appositi capitoli dedicati al finanziamento di misure di investimenti e di riforme destinate, principalmente, all’aumento dell’efficienza energetica e alla riduzione della domanda energetica verso Paesi extra UE (e che ha previsto inoltre la possibilità di finanziare, nell’ambito delle politiche di coesione 2014-2020, Misure emergenziali a sostegno di famiglie e imprese attraverso l’iniziativa SAFE). Infine, nel 2024 con il Regolamento UE 2024/795 è stata avviata la piattaforma per le tecnologie strategiche per l’Europa STEP, che ha ulteriormente modificato, tra gli altri, i Regolamenti UE 1303/2013 e 2021/1060. Quindi, a dispetto di quanto originariamente ipotizzato, e cioè voler mantenere, da parte dello Stato membro, nette distinzioni attuative tra il PNRR ed i Fondi strutturali, nella prassi si è assistito ad un processo di revisione, in quanto, le modifiche ai Fondi strutturali che la Commissione ha dovuto porre in essere negli anni, a causa delle due fattori contingenti di crisi (ovvero il Covid e il conflitto bellico), hanno avvicinato gli strumenti e portato l’Unione Europea a voler garantire un sempre crescente coordinamento tra interventi a gestione diretta e quelli a gestione concorrente, in quanto entrambi attivati con le risorse del bilancio dell’Unione. 5. Il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) 2021-2027 Nello stesso periodo, è stata avviata - e subìto modificata a livello nazionale - la Programmazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) 2021-2027. Il FSC, come accennato sopra, è, congiuntamente ai Fondi strutturali europei, lo strumento finanziario nazionale principale attraverso cui vengono attuate le politiche per lo sviluppo della coesione economica, sociale e territoriale e la rimozione degli squilibri economici e sociali, in attuazione dell'articolo 119, comma 5, della Costituzione italiana e dell'articolo 174 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea[5]. Il Fondo per lo sviluppo e la coesione è stato istituito con D.Lgs 31 maggio 2011, n. 88[6] e trae origine nei Fondi per le aree sottoutilizzate (FAS), di cui alla legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria 2003), il cui articolo 61 già prescriveva che il Fondo dovesse essere ripartito con apposite delibere del CIPE, sottoposte al controllo preventivo della Corte dei Conti. Il FSC apporta le risorse finanziarie aggiuntive nazionali destinate a finalità di riequilibrio economico e sociale, nonché a incentivi e investimenti pubblici. Per quanto concerne l'utilizzo delle risorse del Fondo FSC, la normativa attribuisce al CIPESS[7] (ai sensi dell'art. 1- bis del D.L. 14 ottobre 2019, n.111) il compito di ripartirne la dotazione, con proprie deliberazioni, secondo la chiave di riparto che ne prevede la destinazione dell'80 per cento alle aree del Mezzogiorno e del 20 per cento alle aree del Centro-Nord. Le risorse del Fondo sono gestite in una apposita contabilità speciale del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche nazionali - IGRUE, il quale gestisce anche le altre contabilità speciali relative alle risorse dei Fondi strutturali (sia quelle nazionali di cofinanziamento, sia quelle provenienti dall'Unione europea), mentre i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) sono gestite in apposita contabilità speciale del MEF-IGPNRR (Ministero Economia e Finanze - Ispettorato Generale per il PNRR). Il Fondo provvede ad erogare alle amministrazioni pubbliche ed agli operatori pubblici e privati le quote di finanziamento a carico del bilancio dello Stato per l'attuazione dei Programmi di politica comunitaria, nonché a concedere ai soggetti titolari delle azioni comprese nei Programmi suddetti anticipazioni, a fronte dei contributi spettanti a carico del bilancio dell'Unione europea. Il Fondo gestisce anche le risorse del Piano di Azione Coesione (2007-2013), dei Programmi operativi complementari 2014-2020 e 2021-2027, trattandosi di disponibilità che originariamente erano considerate nella quota generale di cofinanziamento nazionale. È previsto che il Ministro delegato per la politica di coesione territoriale presenti al CIPESS, entro il 10 settembre di ogni anno, una relazione sullo stato di avanzamento degli interventi finanziati dal Fondo, ai fini della definizione della Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza e del disegno di legge di bilancio di previsione[8]. Per garantire un coordinamento unitario in capo a ciascuna Amministrazione titolare dei Piani operativi, nonché una accelerazione della spesa degli interventi, l’articolo 44 del D.L. 30 aprile 2019, n. 34, aveva previsto la predisposizione di un unico Piano operativo denominato “Piano sviluppo e coesione” (PSC), con modalità unitarie di gestione e controllo, per ciascuna Amministrazione centrale, Regione o Città metropolitana, titolare di risorse del Fondo, con la riclassificazione degli attuali documenti di programmazione delle risorse del FSC (FSC, ex Fondo per le Aree Sottoutilizzate, FAS), che sono stati così sostituiti dal Piano Sviluppo e Coesione, strumento di programmazione nato proprio per dare unitarietà alla programmazione delle risorse nazionali del Fondo Sviluppo e Coesione dei cicli programmazione 2000-2006, 2007-2013 e 2014-2020. Ciascun Piano Sviluppo e Coesione, sulla base delle risorse assegnate e degli interventi risultanti nei sistemi nazionali di monitoraggio, contiene nella sua sezione ordinaria - oltre alla ricognizione degli strumenti di Programmazione oggetto di riclassificazione - le risorse relative ai diversi cicli di Programmazione, l’articolazione degli interventi sulla base di 12 aree tematiche, individuate in analogia agli obiettivi tematici dell’Accordo di Partenariato 2014-2020, nonché, per i PSC a titolarità di Amministrazioni centrali, il riparto tra Centro-Nord e Mezzogiorno e preliminari settori di intervento che costituiscono la sezione ordinaria del PSC. L'art. 1, comma 178, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio per il 2021), alle lettere da a) a m), reca le procedure per la programmazione, la gestione finanziaria e per il monitoraggio dell'utilizzo delle risorse del FSC 2021-2027. Tale disciplina, che prevedeva l'impiego della dotazione del Fondo per obiettivi strategici relativi ad aree tematiche per la convergenza e la coesione, in coerenza con gli obiettivi e le strategie dei Fondi strutturali europei 2021-2027, e l'attuazione degli interventi finanziati con il FSC mediante lo strumento dei "Piani Sviluppo e Coesione", è stata radicalmente innovata dal D.L. 19 settembre 2023, n. 124, che ha ridefinito le nuove regole per la Programmazione e l'utilizzo delle risorse 2021-2027 del Fondo. Il D.L. n. 124/2023 è intervenuto nel processo di revisione della politica di coesione che già, soprattutto in materia di governance, aveva ricevuto un’ampia modifica col D.L. 24 febbraio 2023, n. 13. Dapprima, per rafforzare l’efficacia della politica di coesione e assicurarne la complementarità con il PNRR, come già indicato nell’Accordo di Partenariato 2021-2027, era stato adottato il citato D.L. n. 13 del 2023, che ha ridisegnato il sistema di governance nazionale del PNRR e della politica di coesione, in linea con l’individuazione di una Autorità politica unica attraverso cui rappresentare, con una visione di sistema, le scelte operate su entrambi gli strumenti di intervento. In particolare, sono state rafforzate le competenze del Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che è la struttura che assicura l’indirizzo strategico, il coordinamento e il presidio sulla Programmazione e attuazione della politica di coesione, in coordinamento con il PNRR. Con il medesimo decreto legge è stata prevista la soppressione dell’Agenzia per la Coesione Territoriale (mentre era stata già istituita una Struttura di missione per il PNRR a supporto dell’Autorità politica delegata, al fine di assicurare uniformità e coerenza nelle reciproche competenze e funzioni). L'articolo 50 del D.L 13/2013 è intervenuto, poi, rafforzando la struttura tecnica che dovrà occuparsi dei fondi di coesione, provvedendo alla riorganizzazione del Nucleo di valutazione e analisi per la Programmazione che viene ridenominato "Nucleo per le politiche di coesione", i cui compiti prevedono anche la riprogrammazione delle risorse europee e nazionali volta a favorire "l'integrazione tra politica di coesione e PNRR". Tale scelta ha come obiettivo quello di rendere più funzionale e coordinato il rapporto fra i diversi programmi, in modo da poter riallocare le risorse tra i vari fondi in maniera più veloce e flessibile, così da far procedere riforme ed investimenti, superando le tradizionali difficoltà politiche, amministrative e procedurali. Successivamente, è stato adottato il sopra citato D.L. n. 124 del 2023 (convertito, con modificazioni dalla Legge 13 novembre 2023, n. 162) con il quale sono state previste ulteriori norme per una efficace utilizzazione delle risorse nazionali ed europee in materia di coesione. In particolare, sono stati definiti i criteri e le modalità di impiego e di gestione delle risorse del FSC per la Programmazione 2021-2027, introducendo lo strumento dell’Accordo per la coesione. Il comma 1 dell’articolo 1 dispone che, in attuazione della citata riforma 1.9.1 del PNRR, il decreto legge definisce il quadro normativo nazionale per accelerare l’attuazione ed incrementare l’efficienza della politica di coesione. Nell’ambito della Cabina di regia sul PNRR del 6 dicembre 2023 il Ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il PNRR, ha annunciato l’istituzione di un tavolo tecnico di lavoro, afferente alla stessa Cabina di regia PNRR, aperto alle singole Autorità di gestione dei Programmi nazionali e regionali. 6. Gli Accordi per la coesione Il D.L. n. 124 del 2023 ha introdotto un istituto innovativo, l’Accordo per la coesione, quale strumento funzionale alla programmazione e gestione delle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione 2021-2027; nel medesimo decreto legge è stabilito, tra l’altro, che possano essere programmate mediante l’Accordo anche le risorse del Fondo di rotazione ex art. 5 della legge n. 183/1987 , di cui all’articolo 1, comma 54, della legge n. 178/2020, ferme restando le regole di gestione, specifiche di tale Fondo. Nell’ambito di ciascun Accordo, le Regioni si sono avvalse della facoltà di destinare parte delle risorse FSC 2021-2027 al cofinanziamento dei Programmi regionali europei. L’articolazione di massima degli Accordi per la coesione 2021-2027 prevede elementi tra cui: il Piano Finanziario dell’Accordo; la specificazione degli interventi o delle linee di azione da finanziare con le risorse nazionali delle politiche di coesione 2021-2027; i cronoprogrammi di realizzazione associati a ciascun intervento e/o linea di azione finanziata con il Fondo per lo sviluppo e la coesione 2021-2027; gli impegni e le responsabilità assunti da ciascuna delle Amministrazioni che sottoscrivono l’Accordo; il Sistema di Gestione e Controllo. Tra i vari obblighi che le Amministrazioni si assumono con la sottoscrizione dell’Accordo, emergono per centralità e gravità di sanzioni in caso di inadempimento “la costante alimentazione del Sistema nazionale di monitoraggio di nonché l'invio, con cadenza almeno semestrale, al Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei Ministri di una Relazione relativa all'attuazione degli interventi e delle linee d'azione indicati nell'Accordo per la coesione, con l'evidenziazione degli eventuali scostamenti rispetto alle previsioni del cronoprogramma e delle azioni poste in essere per porre rimedio agli stessi”. 7. Le ulteriori decisioni comunitarie e le misure normative nazionali L'avvicinamento tra Fondi strutturali e PNRR ha subìto un’accelerazione quando, l’8 dicembre 2023, il Consiglio dell'UE ha approvato la Decisione di esecuzione (CID) che modifica la Decisione del 13 luglio 2021 e che nell'Allegato contiene, in sostanza, il nuovo PNRR italiano, compreso il nuovo capitolo dedicato a REPowerEU. Il Piano ammonta ora a 194,4 miliardi di euro (122,6 miliardi in prestiti e 71,8 miliardi in sovvenzioni), in aumento di 2,9 miliardi rispetto al PNRR originario, e comprende 66 riforme, 7 in più rispetto al piano originario, e 150 investimenti che si articolano in 618 traguardi e obiettivi. Le Misure del capitolo REPowerEU sono intese a rafforzare riforme fondamentali in settori quali la giustizia, gli appalti pubblici e il diritto della concorrenza. Una serie di investimenti nuovi o rafforzati mira a promuovere la competitività e la resilienza dell'Italia, nonché la transizione verde e digitale e abbraccia settori quali le energie rinnovabili, le catene di approvvigionamento verdi e le ferrovie. Nel PNRR, modificato con la decisione del Consiglio UE dell'8 dicembre 2023 è stata inserita, nell'ambito della Missione 1, Componente 1, la riforma 1.9.1, finalizzata ad accelerare l'attuazione della politica di coesione. La riforma, che mira ad accelerare l'attuazione e l'efficienza della politica di coesione in complementarità con il PNRR e tenendo conto del piano strategico della zona economica speciale unica, prevede l'entrata in vigore entro il primo trimestre del 2024 di una legislazione nazionale che individui, nel quadro dell'Accordo di partenariato e per tutti i programmi in corso, le modalità necessarie per accelerare e migliorare l'attuazione della politica di coesione. Tale modifica è effettivamente intervenuta con il D.L. 7 maggio 2024, n. 60. Con il D.L. 2 marzo 2024, n. 19 sono state adottate disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Il D.L. n. 19/2024 prevede misure volte a garantire la tempestiva attuazione degli interventi relativi al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), come modificato dalla decisione del Consiglio Ecofin dell'8 dicembre 2023, coerentemente con il relativo cronoprogramma. Il provvedimento, inoltre, introduce ulteriori misure di semplificazione e accelerazione delle procedure, incluse quelle di spesa, strumentali all'attuazione del PNRR e provvede al rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni titolari degli interventi. L’Unità di Missione PNRR dell’ACT è stata soppressa con contestuale trasferimento dei compiti, delle funzioni e delle risorse umane (personale dirigenziale, non dirigenziale e contingente di esperti), alla Struttura di Missione PNRR presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Il 4 marzo 2024 il Governo ha presentato alla Commissione europea una ulteriore richiesta di modifica del PNRR. La Commissione ha approvato, in data 26 aprile 2024, la richiesta di revisione mirata del PNRR dell'Italia: le modifiche proposte sono di natura tecnica e fanno seguito alla revisione completa del piano italiano, adottata dal Consiglio l'8 dicembre 2023. Il Consiglio Ecofin del 14 maggio 2024 ha approvato la Decisione di esecuzione (CID) che modifica la Decisione del 13 luglio 2021 con il nuovo Allegato. 8. Il DL n. 60/2024 e la necessità di incrementare l’efficienza della politica di coesione (2021-2027) Infine, il D.L. n. 60/2024, nel fornire ulteriori disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, ha ulteriormente coordinato l’attuazione dei Fondi strutturali, PNRR e FSC e, all’articolo 1, nell’individuare i principi e le finalità del provvedimento, afferma che il decreto è volto a definire il quadro normativo nazionale finalizzato ad accelerare l’attuazione ed incrementare l’efficienza della politica di coesione europea (2021-2027) nei seguenti settori strategici: risorse idriche; infrastrutture per il rischio idrogeologico e la protezione dell'ambiente; rifiuti; trasporti e mobilità sostenibile; energia; sostegno allo sviluppo e all’attrattività delle imprese, anche per le transizioni digitale e verde. Il D.L. n. 60/2024 reca disposizioni per dare attuazione alla riforma 1.9.1 del PNRR, finalizzata ad incrementare l’efficienza della politica di coesione (art. 1, comma 1). Si considera di preminente valore l'interesse nazionale alla sollecita e puntuale realizzazione degli interventi ammissibili a finanziamento a valere sulle risorse europee della politica di coesione, periodo di programmazione 2021–2027, anche con l’effettiva attuazione degli strumenti di pianificazione previsti dalle condizioni abilitanti, con particolare riferimento ai settori delle risorse idriche, dei rifiuti e dei trasporti, garantendo il pieno rispetto dei traguardi di spesa previsti. Le disposizioni di tale decreto legge rientrano nella competenza legislativa esclusiva statale (art. 117, c. 2, lett. a) Cost.), in quanto attuative degli obblighi assunti in sede europea in esecuzione della normativa sul PNRR (art. 1, comma 3) e tale elemento costituisce una potenziale criticità, in quanto regolamenta anche fondi (strutturali e soprattutto FSC) che hanno una gestione e certamente una legislazione concorrente (di cui all’art. 117, c. 3, Cost.). A ben vedere, lo scenario tra le politiche di coesione durante la fase di attuazione della programmazione 2014-2020 e l’attuale periodo è radicalmente mutato e la ragione sta anche nella necessità di ottenere un sistema di governance delle politiche di sviluppo maggiormente efficiente ed efficace. Anche da un punto di vista cronologico - come da disamina sopra riportata - può affermarsi che oggi il PNRR, FSC e Fondi strutturali si sono avvicinati in ottica di complementarità che, seppur non espressamente dichiarata nel 2021, può dirsi fosse ineludibile destino, anche a garanzia di efficacia ed efficienza degli interventi finanziati. Invero, gli strumenti di coordinamento sono stati previsti ed esistono, ma vanno perfezionati ed implementati in termini di programmazione e di governance. In primis, già l’Accordo di partenariato del 2022 cita ben 57 volte il PNRR e soltanto 3 il Fondo sviluppo e coesione. Nell'Accordo si ribadisce che le azioni promosse attraverso i Fondi europei sono complementari rispetto a quelle finanziate con il PNRR e agli investimenti nazionali del FSC. L’Accordo, proprio in quanto assume come elemento necessario la complementarità tra strumenti, prevede meccanismi e strutture di coordinamento per realizzare un'incisiva azione di coordinamento tra strumenti e fondi e scongiurare i rischi di sovrapposizione e segmentazione degli interventi, richiedendo un forte impegno a vari livelli, tanto sul lato dell’organizzazione delle strutture di coordinamento, quanto sulle procedure di programmazione e attuazione[9]. La sede di coordinamento strategico della politica di coesione rimane confermata nel Comitato con funzioni di sorveglianza e accompagnamento dell’attuazione dei programmi, già istituito il 18 luglio 2024 a Roma (di seguito Comitato AP). Il Comitato AP è presieduto dal Dipartimento per le politiche di coesione e per il sud, in qualità di Autorità di coordinamento a livello nazionale dei fondi della politica di coesione[10]. Particolare attenzione è prevista per i meccanismi di coordinamento strategico tra gli strumenti della politica di coesione e gli altri strumenti e programmi di investimento nazionali ed europei, in particolare il PNRR, anche attraverso modalità di coordinamento dedicate; in ragione di ciò, il Comitato AP si articola in Sottocomitati e relativi Gruppi di lavoro[11]. Per garantire meccanismi efficaci di coordinamento tra la politica di coesione e il PNRR e mettere a sistema, in una visione organica e unitaria, le azioni della politica di coesione con quelle sostenute attraverso il Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza, è stata prevista l’istituzione, nell’ambito del Comitato, di un tavolo tecnico dedicato, che si riunisce almeno due volte l’anno. Al tavolo tecnico partecipano le Autorità di coordinamento della politica di coesione, i rappresentanti della struttura centrale di coordinamento operativo e monitoraggio del PNRR nonché i referenti delle Amministrazioni titolari di programmi nazionali e i rappresentanti delle Regioni, dell’ANCI e dell’UPI, individuati di volta in volta in relazione ai temi affrontati, oltre alla Commissione europea. Il tavolo tecnico ha il compito di verificare lo stato di attuazione degli investimenti cofinanziati dalla politica di coesione e di quelli attivati nell’ambito del PNRR negli ambiti di complementarietà o, laddove si ravvisano possibili sinergie, di fare il punto su possibili difficoltà attuative e criticità comuni, e di discutere di modalità operative da applicare ad entrambi gli strumenti di intervento, volte a massimizzarne l’efficacia. Infine, il tavolo tecnico, integrato con rappresentanti del Dipartimento Funzione Pubblica-PCM, ha il compito di coordinare le azioni di rafforzamento e di supporto alle strutture amministrative direttamente impegnate nella realizzazione degli investimenti previste nel PN Capacità per la coesione con gli interventi di capacitazione amministrativa e di assistenza tecnica realizzati nell’ambito del PNRR (che, come è noto, non prevede la possibilità di attivare iniziative dirette di assistenza tecnica). La disponibilità di un’informazione aperta per il coordinamento tra ambiti di programmazione e singoli programmi è inoltre garantita dalle diverse attività collegate al portale OpenCoesione[12], che promuove la trasparenza e la partecipazione per una comunicazione efficace sulle politiche di coesione attuate in Italia. Il tema del raccordo tra i fondi oggetto dell’Accordo di Partenariato e gli altri strumenti di investimento previsti dal Bilancio dell’Unione europea assume particolare valenza con riferimento al Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza, che, trovando il suo fondamento giuridico nell’art 175 del TFUE, contribuisce al raggiungimento degli obiettivi di coesione economica, sociale e territoriale sanciti dal Trattato. Il PNRR è chiamato, pertanto, a concorrere al processo di convergenza delle regioni del Mezzogiorno rispetto al resto del Paese. Per tale finalità, il Piano, in complementarietà con la programmazione 2021-2027 dei fondi di coesione e con il programma REACT-EU, prevede di destinare non meno del 40 per cento delle proprie risorse territorializzabili, a tale area. Per entrambi gli strumenti di intervento (PNRR e politica di coesione) sfide cruciali sono quelle dell’innovazione e digitalizzazione e della transizione verde dell’economia. Ne deriva l’esigenza che l’eccezionale ammontare di fondi aggiuntivi messi a disposizione dell’Italia per la politica di coesione e per l’attuazione del PNRR venga impiegato in un’ottica di massimizzazione delle complementarietà e sinergie fra i due strumenti di intervento. In generale, per le linee di intervento da attivare attraverso i programmi della politica di coesione che sono complementari o integrative rispetto agli investimenti e iniziative programmati nell'ambito del PNRR, sono previste opportune declinazioni e differenziazioni in termini di target e scala dell’intervento. In alcuni casi, la previsione di analoghe misure o strumentazioni è giustificata anche dalla rilevanza dei fabbisogni e dalla diversa tempistica di realizzazione degli investimenti previsti dal PNRR rispetto ai programmi della coesione, il che consente di capitalizzare i risultati ottenuti nell’ambito del PNRR, favorendo il loro consolidamento e assicurandone il prolungamento nel tempo. Tale esigenza di coordinamento risulta più cogente e più agevole nel caso di ambiti di investimento strutturalmente caratterizzati da un’elevata incidenza della spesa infrastrutturale, quali gli investimenti nel digitale, nelle reti e nei servizi energetici, nei trasporti e nella mobilità. In fase attuativa il coordinamento, la sorveglianza e il monitoraggio sinergico degli interventi della politica di coesione con il PNRR si realizzeranno con la partecipazione attiva al Comitato AP di rappresentanti della struttura centrale di coordinamento operativo e monitoraggio del PNRR, così come definita dal D.L. 31 maggio 2021, n. 77, che istituisce la governance del PNRR, come successivamente modificato da ulteriori interventi legislativi, in particolare dal D.L.6 novembre 2021, n. 152 e, da ultimo, dal D.L.24 febbraio 2023, n. 13[13]. È assicurata un’adeguata condivisione di informazioni tra strutture titolari di interventi della politica di coesione e strutture titolari di misure del PNRR, per garantire le previste sinergie ed evitare il rischio di doppio finanziamento nella selezione dei progetti. Inoltre, un rappresentante di queste strutture potrà partecipare alle riunioni del comitato di sorveglianza di ogni Programma Operativo. In linea con quanto previsto dal PNRR, si favorisce, inoltre, l’utilizzo del sistema informativo e applicativi REGIS per la gestione, il monitoraggio, il controllo e la rendicontazione dei programmi, piani e progetti attivati nell’ambito delle politiche di investimento pubblico. In prospettiva, quindi, il sistema e gli applicativi REGIS comprenderanno oltre agli interventi finanziati nell’ambito del PNRR, anche quelli sostenuti dai fondi della politica di coesione comunitaria e nazionale in coerenza con i contenuti previsti dal Sistema nazionale di monitoraggio unitario delle politiche di coesione (SNM) per l’alimentazione della sua base dati e reportistica dedicata. La creazione di meccanismi unitari di coordinamento e monitoraggio favorirà il potenziamento della capacità istituzionale e l’apprendimento delle politiche d’investimento pubblico tra tutti i livelli di governo. Il passo successivo è prendere atto della reciproca opportunità di scambio di buone prassi e di condivisione delle insidie e degli errori commessi, agevolando gli altri strumenti ed evitando la reiterazione dei medesimi malfunzionamenti. 9. Conclusioni e spunti di riflessioni In conclusione, se è vero che il PNRR, anche grazie al supporto della Commissione europea, ha potuto beneficiare di un costante adeguamento normativo, finalizzato a supportare la buona performance del Piano e, pertanto, ha evidenziato miglioramenti rispetto alle politiche di coesione in termini di accelerazione di alcune fasi autorizzative e di gara, è vero anche che non è riuscito ad elevare la capacità e qualità progettuale, evidenziando invece un certo livello di complessità nella governance del dispositivo (rispetto alla quale sono state difatti necessarie diverse modifiche) e mettendo in risalto la storica debolezza delle amministrazioni attuatrici. L’ossessivo richiamo al rispetto di tappe fissate, risorse, rate, scadenze certe, non negoziabili ex post e non rinviabili, ha determinato una novità di notevole impatto rispetto ai Fondi strutturali (e ancor peggio rispetto ai fondi nazionali di coesione) dove siamo abituati ad assistere a leggi di Bilancio che cambiano dotazione finanziaria ad interventi, fondi, strategie, obiettivi e ad interventi “milleproroghe” che ratificano e certificano i ritardi accumulati. Sempre il PNRR, basato sulla performance (performance based) rispetto all’investimento effettuato, ci insegna che non basta realizzare l’infrastruttura, l’intervento, il corso di formazione, l’iniziativa, la campagna di comunicazione etc., nei tempi previsti (o riprogrammati) ma è necessario che l’impatto atteso sia garantito per ottenere un esito positivo e il riconoscimento del soddisfacente conseguimento degli impegni assunti sui singoli obiettivi, al fine dell’ottenimento del rimborso da parte della Commissione europea. Ogni azione non è fine a sé stessa, l’indice di realizzazione non è sufficiente; sono i risultati concreti e soprattutto di raggiungimento della policy concordata ad assicurare i rimborsi europei. Si è passati – e ad avviso di chi scrive non si tornerà facilmente indietro – dalla macchinosa attività negoziale verticale tra Commissione e amministrazioni nazionali ad una più diretta e snella attività programmatoria, dalla produzione di strategie, obiettivi, ricerca di motivazioni ad interventi voluti ma non sempre utili, parcellizzati e ripetuti in modo disorganico nelle diverse aree e regioni del Paese, ad una visione più organica e strategica nazionale che esclude la dispersione in migliaia di rivoli (sagre di paese, azioni di sistema inutili, corsi di formazione su professioni obsolete, etc.) concentrando gli interventi su temi prioritari. La politica di coesione ha già assorbito tale impostazione, e il D.L. n. 60/2024 individuando i sei settori prioritari di intervento (acqua, dissesto idrogeologico, rifiuti, mobilità sostenibile, energie e aiuti alle imprese per affrontare la transizione climatica e digitale) costituisce già una rivoluzione rispetto a quando si pensava – agendo di conseguenza - che “ciò che non si potrebbe fare (per inutilità, incoerenza o peggio per vizi procedurali) - con le risorse dell’Unione Europea, si finanzia con i fondi nazionali”. Ed ancora, le condizioni abilitanti del PNRR (le riforme settoriali orizzontali e abilitanti) al pari degli indicatori di risultato e impatto, che per i fondi strutturali troppo spesso sono stati intesi come mero esercizio di stile, per il PNRR sono divenuti passaggi prodromici essenziali per l’avanzamento della spesa del Piano. Quello che il PNRR non ha previsto (e non poteva prevedere) è stata la necessità - prima di ogni intervento di rottura rispetto al passato - della previa rivoluzione della macchina amministrativa pubblica per poter far funzionare gli strumenti di programmazione (ma anche i singoli procedimenti amministrativi); con i tre interventi normativi citati (DD.LL. n.13, n. 124 e n. 60) che hanno riguardato anche governance, capacitazione e rafforzamento della PA, si è cercato di trovare una soluzione ed è di tutta evidenza che le performance delle politiche di coesione e dei fondi strutturali potranno migliorare ma, rispetto al PNRR, sarà necessaria un’ulteriore accelerazione considerati i tempi di realizzazione. I Fondi strutturali, con la loro storia, hanno consolidato modalità di confronto, di sorveglianza di controllo e monitoraggio che inizialmente sono state ritenute non adatte al PNRR che si è mosso attraverso una stratificazione di linee guida e appendici tematiche spesso oggetto di revisioni stratificate. È vero, invece, che i modelli di SiGeCo (Sistemi di Gestione e Controllo), manuali di attuazione, piste di controllo, check list, etc. sono frutto di stratificazioni di esperienze che lungi dal costituire farraginosi appesantimenti nell’attuazione, garantiscono il funzionamento dei programmi in termini di corretta ripartizione di competenze e di passaggi endoprocedimentali. Un ultimo aspetto rilevante da evidenziare è dato dal differente originario approccio al PNRR rispetto a quello nei confronti dei Fondi strutturali, in termini di principio interpretativo formalistico e sostanzialistico. Il PNRR, quale strumento a gestione diretta, ha subìto l’influsso dell’approccio sostanzialistico tipico del diritto dell’Unione Europea, mentre i Fondi strutturali, essendo a gestione concorrente (ovvero una forma di gestione in cui lo Stato membro decide e detta al pari dell’Unione regole generali) subiscono un approccio più formalistico, tipicamente italiano. Questo fenomeno non riguarda il PNRR e lo si evince dagli sforzi effettuati nella ricerca di elementi di sostanza rispetto a quelli formali. A titolo meramente esemplificativo, mentre per i fondi strutturali il divieto di ipotesi di conflitto di interesse, di incompatibilità a favore della indipendenza, è stato spesso frustrato da mere verifiche formali sulle autodichiarazioni, per il PNRR lo sforzo effettuato nella ricerca di elementi sostanziali volti ad individuare elementi patologici rispetto alla necessaria indipendenza tra l’agente e il titolare di interessi qualificati, ha portato invece alla definizione del concetto di titolarità effettiva (discendente dall’art. 22 par. 2 lett. d) Reg. (UE) 2021/241) ed alla individuazione di casi concreti. La proficua contaminazione tra modelli di gestione, di attuazione, di controllo e di governance dei diversi strumenti è necessaria e virtuosa ed è l’unico modo possibile per tentare di rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale riducendo il divario fra le regioni più avanzate e quelle in ritardo di sviluppo. A dispetto di quanto si pensava nel 2021, allorché si scommetteva, per il periodo successivo al 2026, sulla sopravvivenza di uno (Fondi strutturali) o dell’altro (PNRR) meccanismo, ma non di entrambi, può affermarsi oggi che la strada intrapresa - ovvero quella della complementarietà tra Fondi strutturali, PNRR e FSC, del miglioramento della qualità progettuale, della efficienza della governance e della capacità amministrativa rafforzata - sia l’unica percorribile per accompagnare l’Unione verso una vera integrazione. Gli obiettivi e le finalità dell’Unione, infatti, sono comuni ai tre differenti strumenti di finanziamento, tutti tesi a raggiungerne lo sviluppo armonico, orientato alla realizzazione della convergenza economica e sociale.
[1] Per l'Italia, al perseguimento delle finalità strategiche dei Fondi UE per la coesione concorrono anche interventi attivati a livello nazionale e complementari alla programmazione comunitaria, finanziati con le risorse del Fondo di Rotazione di cui alla L. 183/1987, nonché ulteriori risorse nazionali del Fondo Sviluppo e Coesione che realizza l'obiettivo costituzionale di "rimuovere gli squilibri economici e sociali", in attuazione dell'articolo 119, comma 5, della Costituzione. [2] Le opzioni di costo semplificato costituiscono, di fatto, l'unica modalità di rendicontazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) verso la Commissione europea. Lo strumento del Recovery and Resilience FaciIity, che si attua attraverso l'approvazione di specifici Piani nazionali, non prevede, infatti, una rendicontazione puntuale delle spese, ma i rimborsi accordati dalla Commissione europea sono legati all'effettivo raggiungimento di target e milestone. [3] Il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) è uno dei principali strumenti finanziari della politica di coesione dell'UE. Venne creato nel 1975 al fine di contribuire ad appianare le disparità esistenti fra i diversi livelli di sviluppo delle regioni europee e di migliorare il tenore di vita nelle regioni meno favorite. Un'attenzione particolare è rivolta alle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, come le regioni più settentrionali, con densità di popolazione molto basse, e le regioni insulari, transfrontaliere e di montagna. [4] In particolare in Italia è stato istituito il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), dispositivo a gestione diretta CE con cui il governo intende gestire i fondi del Next generation Eu. [5] Per l'attuale ciclo di programmazione 2021-2027, il Fondo è stato rifinanziato per 75,8 miliardi di euro, al netto di 15,6 miliardi destinati al finanziamento di investimenti PNRR. Gli interventi saranno attuati utilizzando il nuovo strumento dell'"Accordo per la coesione", previsto in sostituzione del "Piano Sviluppo e Coesione" dal D.L. n. 124 del 2023, da definirsi tra il Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR e ciascun Ministro interessato ovvero tra il Ministro e ciascun Presidente di regione o di provincia autonoma. [6] L’art. 4 del D.Lgs n. 88/2011 prevede che: 1. “Il Fondo per le aree sottoutilizzate, di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, assume la denominazione di Fondo per lo sviluppo e la coesione, di seguito denominato: “Fondo”. Il Fondo è finalizzato a dare unità programmatica e finanziaria all'insieme degli interventi aggiuntivi a finanziamento nazionale, che sono rivolti al riequilibrio economico e sociale tra le diverse aree del Paese. 2. Il Fondo ha carattere pluriennale, in coerenza con l'articolazione temporale della programmazione dei Fondi strutturali dell'Unione europea, garantendo l'unitarietà e la complementarietà delle procedure di attivazione delle relative risorse con quelle previste per i ondi strutturali dell'Unione europea. 3. Il Fondo è destinato a finanziare interventi speciali dello Stato e l'erogazione di contributi speciali, secondo le modalità stabilite dal presente decreto. L'intervento del Fondo è finalizzato al finanziamento di progetti strategici, sia di carattere infrastrutturale sia di carattere immateriale, di rilievo nazionale, interregionale e regionale, aventi natura di grandi progetti o di investimenti articolati in singoli interventi di consistenza progettuale ovvero realizzativa tra loro funzionalmente connessi, in relazione a obiettivi e risultati quantificabili e misurabili, anche per quanto attiene al profilo temporale. La programmazione degli interventi finanziati a carico del Fondo di cui al presente articolo è realizzata tenendo conto della programmazione degli interventi di carattere ordinario”. [7] Dal 1° gennaio 2021 il CIPE ha assunto la denominazione di Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e lo sviluppo sostenibile. [8] Il Ministro delegato per la politica di coesione territoriale è altresì tenuto a presentare alle Camere, entro il 10 aprile dell'anno successivo a quello di riferimento, in allegato al DEF, un'unica relazione di sintesi sugli interventi realizzati nelle aree sottoutilizzate (art. 7, del D.Lgs. n. 88/2011 e art. 10, comma 7, della legge di contabilità nazionale n. 196/2009). [9] In primis, un migliore e più efficace coordinamento dell’azione congiunta dei fondi FESR e FSE Plus può essere realizzato attraverso il ricorso a programmi plurifondo. Laddove tale ipotesi non fosse perseguibile, i Comitati di Sorveglianza dei programmi monofondo FESR e FSE Plus di una medesima Regione dovrebbero essere congiunti. [10] Il Comitato è composto dalle AdG, dalle Amministrazioni centrali competenti in materia di principi orizzontali, dalle Autorità nazionali responsabili del soddisfacimento delle condizioni abilitanti, dalle Autorità nazionali di coordinamento dell’Obiettivo CTE nonché dal coordinamento interregionale CTE, dal Partenariato istituzionale (inclusi UPI, ANCI e UNCEM) ed economico-sociale e dagli organismi che rappresentano la società civile. Agli incontri del Comitato sono invitate le DG competenti della CE. [11] Sono confermati i Sottocomitati Mezzogiorno, Monitoraggio e Controllo e Diritti sociali già Risorse Umane. Quest’ultimo, afferente agli ambiti di policy del FSE Plus, garantirà una specifica azione di monitoraggio per il coordinamento delle azioni dei Programmi Nazionali e di quelli Regionali e fornirà almeno una volta all’anno un’informativa relativa a demarcazione e complementarietà del FSE Plus con altri fondi dell’AP o con altri Fondi (come ad esempio FAMI, FEASR, PNRR). È, inoltre, istituto un Sottocomitato che rappresenta una sede di governo, concertazione e confronto partenariale sulla strategia di specializzazione intelligente. [12] Il portale OpenCoesione (www.opencoesione.gov.it ), che rappresenta il punto unico di accesso nazionale a dati e informazioni relativi ai singoli progetti sostenuti da tutti i Programmi cofinanziati a titolo del Regolamento 1060/2021 e da Piani e Programmi complementari, garantisce una comunicazione trasparente ed efficace pubblicando, con cadenza bimestrale, dati elaborabili così come registrati dal Sistema Nazionale di Monitoraggio gestito da MEF-RGS-IGRUE, visualizzazioni interattive e contenuti di analisi e approfondimento su Piani e Programmi. Il Dipartimento per le politiche di coesione, in qualità di Autorità di coordinamento a livello nazionale dei fondi della politica di coesione e di titolare dell’iniziativa OpenCoesione, indica il responsabile unico della comunicazione richiesto dalla CE. [13] Le recenti modifiche hanno riguardato, in sintesi: il rafforzamento del ruolo di coordinamento della Presidenza del Consiglio, con l'istituzione della Struttura di missione PNRR; la soppressione del Tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale, e il trasferimento delle funzioni alla Cabina di regia per il PNRR; la riorganizzazione delle Unità di missione presso le amministrazioni centrali titolari di interventi del Piano.